FABIO FAZIO -Grazie intanto Presidente per avermi ricevuto
MACRON – Grazie a lei
FF – Qual è il suo rapporto personale con l’Italia, lei ha degli amici italiani, frequenta l’Italia?
M – E’ molteplice. Come per molti francesi è stato il fatto di scoprire la storia, di capire un Paese e la nostra civiltà attraverso l’Italia. E quindi è il bambino che viene portato a Roma perché visiti i Fori e conoscere la nostra antichità, poi l’adolescente che scopre la Toscana i suoi paesaggi, capisce il Rinascimento. E poi c’è un rapporto più intimo, sinuoso, personale: è quello che mi porta al fatto che avendo fatto teatro gli autori italiani hanno incrociato la mia vita.
FF- Eduardo, so che le piace molto…
M- E’ un autore per me particolare perchè ho incontrato mia moglie con Eduardo. Stavo recitando ne “l’Arte della commedia” di Eduardo – non è certo la sua pièce più napoletana -ma è una bella pièce teatrale, l’ho adattata quando ero al liceo, all’università ed è in questa occasione che ho incontrato mia moglie… quindi Eduardo De Filippo ha un posto speciale nel mio cuore. Poi c’è un’altra Italia, che ho scoperto più tardi, perché l’ho sognata a lungo: penso a Napoli, una città che per me ha un posto particolare. Stendhal diceva che ci sono due capitali in Europa: Parigi e Napoli, e avevo letto quello che Schifano aveva scritto. Napoli è per me una città veramente particolare, l’ho visitata più volte e mi è molto cara.
FF- Gli Italiani amano moltissimo la Francia, e ci sono molti italiani che vivono in Francia, si dice che Parigi sia la capitale d’Italia anche per quanti sono gli italiani che abitano qui e anche viceversa, ma dopo la visita del Vice Primo Ministro Di Maio ai Gilet Gialli si è arrivati al richiamo dell’ Ambasciatore, una cosa che non era mai successa nel dopoguerra. Che cosa sta succedendo signor Presidente tra i nostri due Paesi?
M- Prima di tutto lei ha ragione: c’è questo amore, questo fascino, questo rispetto reciproco, ed è più forte di noi ed è questo che ha fatto sì che oggi io abbia voluto essere qui con lei e che lei sia qui con me e che ha fatto sì che tanti italiani amino la Francia e che tanti francesi amino l’Italia. Ma abbiamo anche dimenticato che bisognava continuare a cercare di capirsi e che, a volte, quello che vivono i nostri popoli non fosse la stessa cosa. Abbiamo un rapporto con l’immaginario, con la lingua diverso….ci sono delle differenze che fanno anche la nostra ricchezza e il nostro fascino reciproco, quando lo dimentichiamo e siamo impazienti rispetto all’altro non c’è vero amore e quindi c’è un malinteso. Le peripezie più recenti non sono per quanto mi riguarda gravi bisogna andare oltre: è questo il senso della discussione che ho avuto con il Presidente Mattarella quando l’ho chiamato, ci sono state affermazioni un po’ eccessive, ci sono peripezie diciamo. Quello che noi dobbiamo ai nostri popoli, alla nostra storia, all’Europa, è di andare oltre, ecco perchè ci siamo parlati e perchè ho voluto invitare il Presidente italiano a venire qui, e per me la migliore immagine di tutto questo è che abbiamo deciso entrambi che il 2 maggio prossimo saremo per i 500 anni di Leonardo Da Vinci con la gioventù francese e italiana e parleremo di futuro e di Europa.
FF- Certo giustamente è una grande notizia.
M – E’ così: questo ci porterà al di là dei malintesi, che a volte si possono trovare nella vita politica o economica e che per me sono secondari, bisogna certo sistemarli, metterli a posto ma non devono farci dimenticare chi siamo, da dove veniamo e che non c’è un’avventura europea se non c’è un’intesa fra i nostri due Paesi e che i nostri immaginari , le nostre letterature, il nostro cinema è costituito da questa amicizia.
FF- Perchè Signor Presidente nel 21esimo secolo oggi si parla di questo? Non era prevedibile un mondo aperto dove tutto questo doveva essere assolutamente scontato, e invece siamo qui ad avere ancora paura, come mai c’è questa chiusura del mondo?
M – Questa è una delle grandi domande di oggi ed è una delle tensioni che esistono e credo che sia una delle tensioni più forti, tra le più intense in Italia. Credo che la situazione italiana oggi sia legata a questo, almeno in parte. L’Europa non è un’isola, il nostro destino è legato a quello che succede in Africa e nel Medio Oriente e gli anni precedenti ce lo hanno ricordato. Le grandi tragedie ritornano, i grandi squilibri mondiali ritornano, l’apertura in cui noi viviamo dalla caduta del muro di Berlino… tutto questo è finito, adesso la storia, il tragico ritornano e i grandi squilibri, climatici e economici, le guerre, possono portare a grandi fenomeni migratori, a cambiamenti, e al fatto che i nostri popoli si sentano minacciati da questa apertura. un’apertura che era il segno di un benessere, di un miglioramento della vita quotidiana, del turismo e del commercio, diventa anche sinonimo di immigrazione e di paura. Questi shock possono essere brutali. Ecco quello che l’Italia ha vissuto con Mare Nostrum qualche anno fa: l’Europa è responsabile di tutta questa situazione, europea e italiana, perchè non ha saputo ascoltare il fatto che un Paese, a causa della sua situazione geografica, avesse un fardello troppo pesante per lui. Credo che questa paura nei confronti dell’apertura, che si è progressivamente diffusa, non sia nel DNA degli italiani: l’Italia è un paese che si è costruito con questa apertura al mondo, perchè era forte nel primo come nel secondo Rinascimento, per non parlare dell’Antichità…si è espansa in questo mare Mediterraneo, è stata sempre un paese di emigrazione in Europa e negli Stati Uniti, quindi è un paese che è fatto di apertura. Ma perchè è nata questa paura? Perchè l’immigrazione, in particolare quella che viene dalle coste africane, è stata troppo consistente e a volte non c’è stata abbastanza solidarietà da parte dell’Europa. Questo è una cosa che è successa, è un errore che abbiamo considerato. La Francia a volte, e ne facciamo una caricatura, ha le stesse paure però siamo stati il paese che, insieme alla Germania, ha avuto il maggior numero di richiedenti asilo: 120.000 che arrivano attraverso l’Italia, la Spagna in modo secondario, ma c’è anche questa immigrazione che viene dall’Africa. Le stesse paure attraversano i nostri Paesi, quindi oggi siamo presi come in una morsa fra l’apertura con tutte le sue virtù e la tentazione alla chiusura, perchè il fenomeno migratorio fa paura. Credo che la soluzione, l’unica soluzione, sia di ripensare la nostra sovranità e le nostre protezioni nel mondo così com’è, e cioè ripensare la relazione con l’Africa, l’altra riva del Mediterraneo. I nostri destini sono legati, dobbiamo avere una politica di stabilizzazione, di sviluppo insieme noi europei per permettere alla gioventù africana di avere un futuro sul proprio continente e non di essere in mano ai trafficanti, contro cui dobbiamo lottare. A questo proposito ho letto ed ascoltato Roberto Saviano, che lei ha più volte intervistato: ha ragione quando dice che il nemico non è chi migra, sono i trafficanti che utilizzano la miseria e sono spesso legati al traffico di droga, di armi e ovviamente di esseri umani, e utilizzano le debolezze europee e fanno pagare le famiglie africane per venire da noi. Bisogna affrontare insieme, come europei, questi trafficanti e poi dobbiamo avere come terza cosa un sistema europeo che eviti la debolezza e la mancanza di solidarietà, quindi un vero diritto di asilo europeo, un’integrazione europea per rispondere a questa sfida. E’ soltanto grazie a questo lavoro comune che noi possiamo riconciliare il bisogno di apertura che va col mondo intellettuale, culturale, il turismo, il commercio e tutto quello che l’apertura ci ha portato – e che è nei nostri geni – e questa paura dell’apertura che può portare alla chiusura. Mi spiace di essere lungo ma credo che la risposta non sia l’Europa dei Nazionalisti…non credo che si tratti di trovare la semplificazione come risposta a questi problemi. Nessun paese, nessuno, né l’Italia né la Francia potrà risolvere i propri problemi opponendosi agli altri paesi Europei, ripiegandosi su se stesse: noi risolveremo i nostri problemi cooperando e avendo una strategia comune insieme agli altri.
FF -A questo proposito, Signor Presidente, il legame molto stretto tra la Francia e la Germania sembra in questo momento mettere per esempio l’Italia da parte…
M- Questo fa parte delle nostre storie europee costanti. Quando Francia e Germania si parlano, e devono parlarsi…se riguardiamo la nostra storia sul lungo termine, quando c’è un malinteso franco-tedesco, non c’è più un’Europa che avanza. Quando c’è un conflitto Franco -Tedesco, il peggio diventa possibile. Quindi la mia responsabilità, la mia prima responsabilità, è quella di garantire che ci sia un minimo, ma direi anche un massimo, di concordia con i nostri amici tedeschi ed è a questo che mi applico. Spesso nella storia contemporanea francese, quando non riusciamo a fare qualcosa con i tedeschi ci rivolgiamo all’Italia e c’è stato un gioco che consisteva nel dire: dobbiamo scegliere fra Roma e Berlino e quando diventa complicato con Berlino andiamo verso Roma per renderli gelosi, è una specie di triangolo del desiderio tra Roma e Berlino. Quando si ama troppo uno l’altro è geloso…no, no credo che la storia sia diversa, i nostri legami sono diversi, culturalmente per fare andare avanti l’Europa, Francia e Germania devono essere d’accordo, ma l’Europa non può andare avanti se l’Italia non è d’accordo. Spinelli ed altri hanno sognato di questa Europa- E’ stata sognata in Italia durante la seconda guerra mondiale, nel momento delle tenebre da pochi individui hanno saputo con una forza particolare, pensare all’Europa, quindi abbiamo bisogno dell’Europa. Quando la Francia e la Germania avanzano insieme è per far andare le cose più velocemente, quindi il dialogo con Roma per me è essenziale è questo il lavoro che dobbiamo fare, che gli stati fondatori devono fare. Avevo avuto l’occasione anni fa di dirlo, di teorizzarlo e di condividerlo con il presidente Napolitano, che era l’erede vivente di questa parte di sogno europeo.
FF -Ma in questo momento come si fa a tenere insieme l’identità nazionale e l’identità europea, in un momento in cui l’Europa potrebbe giocare un ruolo fondamentale nel mondo? Da una parte c’è una Russia molto forte, dall’altra un mercato cinese asiatico molto aggressivo, l’America di Trump…
M- Ha ragione, oggi siamo di fronte per una serie di motivi legati alla nostra storia, alle paure contemporanee, ai fallimenti della nostra democrazia abbiamo una crisi delle democrazie occidentali in Europa, ma anche oltre atlantico e un po’ dappertutto. In questa crisi democratica, che è una crisi di efficacia dell’immaginario democratico, da qualche anno dappertutto in Europa: vediamo un ritorno allo spirito dei popoli, uno spirito profondo: in Polonia, in Ungheria, in Italia, in Francia, in Germania vediamo tornare dei tratti fondamentali dei nostri popoli che sembravano essersi attenuati. Io credo in questo spirito dei popoli, non credo che come alcuni dicono – che a volte credono all’apertura, e al multilateralismo mondiale, cosa che per altro condivido – che non vada bene, io non lo credo. Io credo a questa forza, a questa vibrazione dei popoli, e al fatto che questi popoli siano diversi, questa è la nostra forza. Dico spesso per riprendere la definizione di un grande autore italiano che amo molto e che era considerato come un genio francese che è Umberto Eco: “la lingua dell’Europa è la traduzione”, quindi la forza del popolo europeo è di essere più popoli alla volta e non un popolo solo, ma al tempo stesso, come lei ha ben detto nella sua domanda, dobbiamo guardare al mondo come è, l’Europa si è sempre indebolita nelle sue guerre civili e i millenni passati sono stati costellati da guerre civili europee, siamo a una crisi del mondo occidentale. L’occidente può essere scosso profondamente dal fenomeno climatico, dalle migrazioni, dalla forza economica e mercantile asiatica e per quanto riguarda l’Europa da questo nuovo tandem fra Cina e Stati Uniti. In questo contesto abbiamo bisogno di un’Europa più forte e bisogna riconoscere questa urgenza di ristabilire dell’identità dei popoli, ma avere anche più cooperazione europea per ricostruire un’Europa più unita, più sovrana, più forte in questo contesto. E’ questo che ho teorizzato nel discorso alla Sorbonne nel 2017 e per me è il cuore della campagna che si apre: non si tratta di scegliere tra apertura totale incondizionata e nazionalismo. Alcuni difendono il nazionalismo, vogliono lottare contro la nostra Europa, io mi batterò con forza contro queste persone, perchè credo che ci farebbero tornare indietro, che ci riporterebbero alle nostre divisioni interne, che ci farebbero perdere 10, 20 anni riportandoci a queste divisioni. Credo che oggi dobbiamo, rispettando l’identità e lo spirito di ciascuno di questi popoli costruire un’Europa forte in questo contesto mondiale. Europa forte cos’è? Un’Europa sovrana per la sua difesa politica, sul piano digitale, sul piano del clima e sull’energia, dell’alimentazione, un’Europa che sa proteggere i suoi cittadini e che sa dire: “sono uno spazio credibile per parlare sia agli americani che ai cinesi”.
FF – Con la paura non si costruisce il futuro, ma ci sono delle immagini che fanno paura e che noi vediamo tutti i giorni: i Gilet Gialli in Francia, questi ritorni di antisemitismo in Francia e in Italia e in molti paesi d’Europa sono una cosa che non ho capito se sono nuovi o se sono antisemitismo di ritorno per esempio…
M – Si mi dispiace, proprio come a lei, e questo la dice lunga sullo stato dei nostri popoli e società: quando la paura ritorna, quando abbiamo ancora il dubbio nelle nostre democrazie, la collera riparte e con la collera gli odi, gli odi peggiori e quindi il razzismo, l’antisemitismo.. questi scorsi d’odio che riemergono nella nostra società sono il sintomo di questo malessere nella nostra civiltà, avrebbe detto Freud. E’così che dobbiamo vedere questo fenomeno, lottare e prevenire le cause, questo antisemitismo contemporaneo è la rinascita di un vecchio antisemitismo che è andato dall’estrema destra all’estrema sinistra del nostro paese e che in fondo è l’odio verso l’altro, perchè la nostra storia, e si vede ancora oggi in questi messaggi terribili che si leggono, l’antisemitismo è l’odio dell’altro, l’ebreo è al tempo stesso il capitalista, l’operaio, il bolscevico e il cosmopolita, quello che vogliamo detestare. La società che non sa guardare l’altro e amarlo è una società che sta morendo perchè non si rispetta, non rispetta se stessa, ma c’è anche una nuova forma di antisemitismo che si nutre di un islamismo radicale. L’ ho detto in Francia la settimana scorsa in un discorso a questo proposito: c’è un nuovo antisemitismo che è usato da gruppi che vogliono minacciare la nostra società e che deviano le religioni per portarle verso il peggio. Quindi questi due antisemitismi convergono con radici diverse ma sempre in un discorso di odio, di odio contro l’altro, perchè nutre poi un discorso antimusulmano primario eccetera… per questo motivo la nostra società deve stare attenta a non cadere in una guerra civile, perchè sta a noi garantire noi la concordia. E’ molto difficile ma questa concordia non può costruirsi se non c’è un progetto comune in seno ai popoli, non può essere la cancellazione degli ebrei, né quella dei musulmani. E’ la possibilità di credere o di non credere alla propria religione, di venire da una qualunque parte del mondo e di avere un progetto collettivo che è un progetto nazionale ed europeo. E’ una forma di umanesimo nel quale credo profondamente, quello che fa sì che siamo italiani o francesi sono cose diverse, sono tipicità nazionali, a volte regionali ancora più in Italia che in Francia, ma è anche una forma di umanesimo europeo che è indispensabile e che dobbiamo difendere. L’antisemitismo e il razzismo vogliono dire tradire la storia, vogliono dire tornare ad avere vergogna del nostro passato, a sprofondare. Molti teorici del passato Italiano o francese dicevano: per essere fieri di noi dobbiamo disprezzare gli altri, l’ebreo, l’arabo, l’africano, a volte era il francese e l’italiano perché l’odio va fino in fondo, quindi la differenza diventa infinitesimale. Ogni volta che abbiamo ceduto a questo discorso d’odio era per non vedere i nostri problemi e ogni volta che cosa abbiamo costruito? La guerra, ritorno al passato, infelicità.
FF -Signor Presidente però non pensa che di fronte a questa complessità, a tanta complessità come quella che lei ha esposto, il nostro tempo abbia risposto semplicemente con la tecnocrazia cioè la politica è diventata tecnocrazia piuttosto che pensiero, non voglio dire filosofia, ma quasi?
M – Non credo, credo che sia sempre un rischio. Un rischio a cui abbiamo ceduto negli ultimi decenni in molte delle nostre democrazie. In particolare in Europa, c’è stato in effetti… c’è stata una forma di rinuncia alle grandi storie, ai grandi discorsi e c’è stata una forma di rinascita della tecnocrazia. Credo che gli anni 90 e 2000 siano stati anni in cui a causa della caduta del Muro e della riunificazione dell’Europa abbiamo creduto in qualche modo che si trattasse della fine del momento tragico della storia, la fine del pensiero complesso da punto di vista geopolitico e che in fin dei conti l’Europa fosse una cosa da gestire e quindi abbiamo costituito un primato dell’economia sulla politica che diventava una gestione degli affari del mondo e della città. Il momento che viviamo da qualche anno, in fondo direi dalla grande crisi finanziaria della fine degli anni 2000, ovvero 2008/ 2010 , e poi la grande crisi migratoria e il ritorno delle guerre è il ritorno del tragico della storia, arriviamo a un momento in cui si chiude una parentesi che, per me, era aperta da qualche decennio: ritroviamo il primato del politico che diventa più importante dell’aspetto economico, ritroviamo un momento della nostra storia in cui dobbiamo ripensare al suo aspetto tragico, al fatto che tutto possa sparire comprese le nostre democrazie, che possono sparire sotto i colpi che vengono portati dall’esterno, e sotto i dubbi e le crisi che le nostre democrazie vivono dall’interno. Quindi questo momento, il nostro, è quello di persone che sono su un vulcano. Alcuni pensano che possiamo continuare come fossimo dei sonnambuli, come se niente fosse, ma io ho la coscienza del tragico che è il nostro e vedo quello che succede, e mi batto con tutte le mie forze non soltanto per evitare il peggio, ma per costruire qualcosa di nuovo, in questo momento abbiamo bisogno effettivamente di un vero pensiero filosofico complesso e di dare una nuova ispirazione ai nostri popoli per mostrare che la democrazia è un sistema fragile, che non è stabilito per sempre che non è dato a tutti poter scegliere i propri governanti e che bisogna forse migliorare la qualità delle nostre democrazie, ma che l’indipendenza dei giudici, la libertà dei media, la separazione dei media rispetto ai poteri politici, questi sono beni indispensabili nelle nostre democrazie. La possibilità di dialogare, di criticare di costruire qualcos’altro è un bene per cui generazioni prima di noi si sono battute. Dobbiamo costruire un sogno collettivo presente. Io credo che il sogno europeo debba essere reinventato oggi. Siamo in un momento che assomiglia a quello del Rinascimento di cui parlavo prima.
FF- Ma in un momento di crisi economica, i Gilet gialli in Francia – e in Italia come sa ci sono molti problemi simili – si dice che le regole economiche europee non tengano conto in realtà dei bisogni sociali, che siano proprio quelle regole il problema.
M -Prima di tutto, non scarico i miei problemi sull’Europa, queste sono le nostre regole non necessariamente quelle europee, è il nostro funzionamento e credo che sia il funzionamento del capitalismo contemporaneo in una democrazia che non ha preso in linea di conto i bisogni di un popolo, in modo particolare delle classi medie. Le nostre democrazie hanno vissuto e si sono consolidate basandosi sullo sviluppo delle libertà individuali, sulla costruzione di sistemi democratici con separazione dei poteri e del progresso economico per tutti. Da troppo tempo i nostri concittadini, quelli che lavorano per il paese, pensano che il progresso non sia per loro e vedono che in questo mondo alcuni progrediscono, i campioni che accumulano ricchezze e i più poveri sono aiutati dal sistema e questo è formidabile, ma per noi non c’è nessun progresso e hanno paura di andare ancora peggio e pensano ai loro figli che potrebbero vivere ancora peggio di loro. E’ questo è il tradimento del compromesso sociale e democratico su cui ci basavamo. Siamo noi i primi responsabili, voglio dire : ogni stato lo è. Non è l’Europa, è il funzionamento di questo capitalismo contemporaneo che bisogna ripensare in maniera profonda. Alla fine quando il funzionamento politico, economico, non permette più di rendere le persone felici, di dar loro la possibilità di progresso, di far si che i loro figli vivano meglio. Ecco da dove viene la Brexit, ecco da dove viene la crisi nei nostri Paesi: è questo dobbiamo cambiare.
FF -Una questione più pratica, in Italia molto sentita, che riguarda il treno Lione-Torino /Torino – Lione, e che però implica una questione più grande cioè come mettere insieme e d’accordo la modernità e con l’ecologia.
M – Sono stati fatti molti lavori a questo proposito, sono state svolte svariate analisi: è una cosa molto importante per le regioni transfrontaliere, una cosa molto attesa ed è la scelta che è stata fatta dai nostri predecessori che hanno sottoscritto quegli accordi che noi abbiamo confermato. Credo che oggi le tecnologie verso cui andiamo, di mobilità più dolce, le innovazioni che stiamo facendo permettano malgrado tutto di conciliare la modernità e l’ecologia. So che ci sono molte sensibilità su questo argomento, in modo particolare per quanto riguarda il tracciato e l’attaccamento alle valli. Credo che le risolveremo nella concertazione, nella consultazione quindi rispondendo alle domande poste attraverso l’innovazione, permettendo quindi la mobilità ecologica con meno emissioni, ma non credo si possa lasciare la nostra società in una scelta binaria in cui ci sarebbero da una parte gli amici dell’ecologia per la decrescita e dall’altra gli amici del progresso economico che sono contro l’ecologia. Quando si va troppo veloci troppo rapidi si fanno errori, io ne ho fatti nel passato, ed è una parte della spiegazione della crisi. Non possiamo lasciare le persone che hanno bisogno di lavorare, di vivere, di muoversi di fronte a un’impossibilità di spostarsi per varie ragioni, bisogna quindi riconciliarle con argomenti scientifici, il dialogo, la concertazione e attraverso l’innovazione.
FF- Posso farle una domanda personale Presidente? Lei è il più giovane Presidente della Francia, è entrato in politica giovanissimo, ha lavorato da giovanissimo ha avuto grandi successi sin da giovane con la responsabilità che lei ha oggi ha ancora spazio per la giovinezza?
M – Non sono sicuro di sapere cosa sia esattamente. Bisogna conservare spazi, la gioventù, la giovinezza non so esattamente che cosa sia, non so quando finisce, non so dire quando comincia, non ho mai pensato che fosse una condizione anagrafica. Faccio parte di quelli che quando erano bambini, adolescenti volevano diventare grandi per realizzare i loro sogni, poi c’è una bella definizione della giovinezza che mi è stata data una volta da Shimon Peres, che avevo incontrato fra l’altro in Italia quando ero Ministro dell’Economia, è una teoria semplice: “Fintanto che si hanno più sogni che ricordi si è giovani”…allora sono ancora terribilmente giovane, nonostante tutti i miei incarichi, malgrado il poco tempo e il peso delle responsabilità, tengo sempre del tempo per me per riflettere, per ascoltare musica, per la letteratura, perché se non c’è più questo ci si spegne, non si pensa più al mondo.
FF -Signor Presidente per concludere, in questa occasione unica per il pubblico italiano di avere il Presidente della Repubblica Francese, vuole rivolgersi direttamente ai nostri telespettatori italiani?
M – Certo. Capisco l’italiano ma lo parlo poco bene, ma c’è una frase, una delle vostre espressioni, che volevo dirvi. Il cuore al di là dell’ostacolo Credo che ci siano peripezie della vita fra i nostri Paesi che a volte ci sfuggono, malintesi che a volte rimangono, in maniera giusta o ingiusta non sta a me giudicare. Ma ci sono cose più forti, più profonde e queste cose più forti e profonde sono la nostra storia, le nostre amicizie, sensazioni, odori, emozioni che possono essere letterarie, cinematografiche, a volte anche calcistiche e poi c’è una storia da fare insieme. Vedo -così come voi – gli ostacoli quotidiani e non minimizzo nessuna di queste difficoltà, ma credo che tra i nostri Paesi ci sia sempre stato e c’è ancora il cuore, l’amicizia, l’amore, e so una cosa: forse non vedo tutto il percorso, ma so che questo cuore ci permetterà di andare al di là degli ostacoli di oggi per l’Europa e per noi.
FF -Grazie Signor Presidente