Diventare madri dopo una diagnosi di cancro al seno dovuto a mutazioni dei geni BRCA: si può ed è sicuro. È quanto emerge da uno studio pubblicato di recente sulla prestigiosa rivista medica JAMA e presentato allo scorso San Antonio Breast Cancer Symposium, il più importante congresso internazionale sul cancro al seno.
I risultati hanno dimostrato che donne, con mutazioni dei geni BRCA e che hanno avuto un
tumore della mammella, possono con sicurezza avere gravidanze. Lo studio, coordinato da Matteo Lambertini dell’Università di Genova, ha coinvolto diversi centri nel mondo, tra cui la Fondazione IRCCS San Gerardo dei Tintori di Monza.
Le mutazioni dei geni BRCA 1 e BRCA2 (dove BR sta per breast “seno” e CA per cancer
“cancro”) sono fattori di rischio per il tumore del seno e delle ovaie: chi le possiede
ha cioè maggiori probabilità di sviluppare un tumore del seno e delle ovaie. Celebre è il caso
dell’attrice Angelina Jolie che ha affrontato una mastectomia preventiva proprio in quanto
portatrice di queste mutazioni. Nel nuovo studio sono stati analizzati i dati di 4.732 donne –
età media, 35 anni – seguite in 78 centri nel mondo. Una su cinque ha concepito entro 10
anni dalla diagnosi di tumore, con un tempo medio dalla diagnosi al concepimento di 3 anni
e mezzo. Non solo si è dimostrata la fattibilità e la sicurezza di una gravidanza (i tassi
di complicazioni o di rischi di malformazioni del feto sono in linea con quelli della popolazione
generale), ma anche che in queste pazienti non si è verificato un incremento della probabilità
di ricomparsa del tumore.
In genere, la gravidanza dopo un tumore al seno è considerata sicura, ma i dati relativi alle
portatrici di BRCA erano finora limitati. Le preoccupazioni sulla sicurezza materna e fetale
del concepimento dopo il tumore al seno riguardano soprattutto la presunta correlazione
tra l’aumento degli ormoni in gravidanza e il rischio di recidiva del tumore. «I
risultati di questo studio consentono invece di sfatare il mito che gli ormoni della gravidanza
possano avere un impatto negativo sull’outcome oncologico di queste giovani donne»,
commenta Robert Fruscio, professore di Ginecologia e Ostetricia dell’Università degli Studi
di Milano-Bicocca, principal investigator per il centro monzese. «Possiamo finalmente fornire
rassicurazioni sul fatto che, dopo un’adeguata cura del carcinoma della
mammella e un appropriato periodo di osservazione, la gravidanza non dovrebbe
più essere sconsigliata a queste donne». «Siamo molto soddisfatti di aver contribuito in
maniera significativa a questo studio, che consente di fare un deciso passo avanti nella cura
delle donne portatrici di mutazioni dei geni BRCA, e orgogliosi di essere diventati negli anni
centro di riferimento per la prevenzione dei tumori ginecologici in donne con aumentato
rischio genetico», aggiunge Fabio Landoni, direttore della Clinica di Ginecologia della
Fondazione IRCCS San Gerardo dei Tintori e professore di Ginecologia e Ostetricia
dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca. «Il lavoro appena pubblicato è uno splendido
esempio di come la ricerca condotta in maniera rigorosa possa avere un impatto immediato
e pratico sulla clinica».