MATTEO RENZI A VANITY FAIR: : “Tutti i politici a un certo punto devono farsi da parte. A me, dopo, piacerebbe insegnare o diventare conduttore tv”

«A 38 anni sei pronto per fare
tutto: solo in Italia si pensa che uno alla mia età sia ancora giovane. L’età
non è un problema, anzi, spero di avere una vita anche dopo la politica. Mi
piacerebbe insegnare. Oppure diventare conduttore televisivo, che so… I
politici devono sapere che non sono in missione per conto di Dio. Che sono
persone normali, come tutti, e a un certo punto devono anche
lasciare».
Così
Matteo Renzi – sindaco di Firenze, vincitore delle «pre-primarie» nei
circoli Pd e, secondo i sondaggi, destinato a uscire dalle primarie dell’8
dicembre segretario di partito e candidato premier alle prossime elezioni –
parla del suo futuro a Vanity Fair, che gli dedica la copertina del numero in
edicola da mercoledì 20 novembre
, e che ha mandato a intervistarlo Giovanni
Di Lorenzo, direttore del settimanale tedesco Die Zeit.
Numerosi,
nell’intervista, i bersagli di Renzi.
L’accusa di non essere di
sinistra:
«Per me, oggi, in Italia essere di sinistra vuol dire abbassare
le tasse… Per me la sinistra è l’ambiente… È un giardino per le mamme… È
l’investimento in cultura, sono gli asili nido. È l’innovazione tecnologica, è
la digitalizzazione, è il cambiamento. Paradossalmente la sinistra, che nel
mondo dovrebbe essere futuro e innovazione, da noi è passato

 e conservatorismo…».Berlusconi: «Ha sempre parlato di Imu da
togliere, di tasse da abbassare, ma poi non le ha abbassate, anzi la pressione
fiscale è aumentata. Ha detto: noi siamo contro lo Stato. Ma poi ha aumentato la
spesa pubblica. In questo scenario, la sinistra lo ha contestato più come
persona che non come politico… Ha avuto verso di lui una subalternità
culturale. Ha avuto la puzza sotto il naso, ha pensato di essere superiore, e
quindi di non aver bisogno di andarsi a riprendere voto per voto, casa per casa.
Invece a me interessa anche il voto di chi ha scelto Lega o Berlusconi per una
vita… Il non prendere il voto degli altri, alla fine, che cosa ha portato? Le
larghe intese».
Il «salotto buono della finanza»: «La forza
dell’Italia non è la Fiat, sono le piccole e medie aziende che competono e che
riescono, nonostante i politici… Le grandi aziende italiane non sono le
aziende di cui hanno parlato i giornali in questi anni. Anche perché poi sarebbe
interessante discutere di come sono i giornali. L’intreccio tra i giornali le
banche e le imprese è folle: se fai l’editore fai l’editore, se fai la banca fai
la banca… Perché in Italia ogni euro che le banche mettono dentro operazioni
“di sistema” – per esempio per l’Alitalia, o per salvare determinati
imprenditori – è un euro che tolgono all’artigiano di Firenze o alla famiglia di
Crotone? Le banche devono fare le banche. Io spero che escano dal controllo del
Corriere della Sera e lascino fare a un imprenditore, chiunque sia. Se la giochi
chi ha investito».

Questo, e molto altro, nell’intervista pubblicata
da Vanity Fair nel numero in edicola da mercoledì 20
novembre.

 

Mara Vitali Comunicazione

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