● 11/12 DICEMBRE: RICCIO DAY PER RACCOGLIERE FONDI PER IL CENTRO “LA NINNA”
●LA FONDAZIONE CAPELLINO INTERVIENE PER GARANTIRE CIBO AI RICCI IN DEGENZA
● LA STORIA DI BENNY, VITTIMA DEL CAMBIAMENTO CLIMATICO E PERDITA DI HABITAT
L’inverno è il periodo più duro per i ricci, sia per quelli in natura che patiscono le conseguenze del cambiamento climatico, sia per quelli che in questo momento si trovano in degenza presso il Centro Ricci La Ninna di Novello (CN), attualmente circa 200.
Il Centro, che necessita del supporto dei suoi sostenitori, ha organizzato per sabato 11 (dalle ore 18) e domenica 12 dicembre (dalle ore 11,30) il “Riccio Day”, che prevede la possibilità di pranzare o cenare al ristorante Enoteca Dente di Asti, di assistere alla presentazione dell’ultimo libro del dott. Massimo Vacchetta (“Raccontami qualcosa di bello”), di comprare regali di Natale ad una bancarella gestita dai volontari e di investire qualche euro in una lotteria. Tutto il ricavato, naturalmente, sarà devoluto al Centro Ricci “La Ninna”. Per maggiori informazioni consultare la pagina Facebook a questo link.
https://www.facebook.com/events
La Fondazione Capellino è intervenuta, già dall’inizio di quest’anno, donando un quantitativo di cibo di alta qualità Almo Nature sufficiente per coprire il mantenimento dei degenti fino a dicembre 2022 (sono circa 3 tonnellate di cibo all’anno, per due anni). Ogni riccio consuma quotidianamente circa 50 grammi di crocchette, integrate con insetti secchi. I ricci più debilitati o malati hanno un menù speciale a base di crocchette frullate con carne di pollo lessata e brodo di pollo. Con questa generosa donazione, sono stati assicurati per il 2021 – e lo saranno anche per il 2022 – 52.000 pasti.
I RICCI E LE CONSEGUENZE DEL CAMBIAMENTO CLIMATICO
Dal punto di vista evolutivo i ricci sono tra i più antichi rappresentanti della classe dei mammiferi; i loro antenati vivevano sulla Terra già oltre 65 milioni di anni fa e il ricco come lo conosciamo oggi, con il suo aspetto attuale, da 15 milioni di anni.
Sono animali prevalentemente notturni, si nutrono di insetti e d’inverno vanno in letargo.
Contrariamente a quanto si pensa, il riccio non va in letargo per difendersi dal freddo, ma per sopravvivere ad un prolungato periodo di carestia durante il quale non troverebbe più nulla da mangiare. I fattori che determinano l’entrata in letargo sono in realtà molteplici: graduale scomparsa delle prede di cui si cibano, temperature più fredde, durata delle ore di luce in diminuzione, fattori ormonali.
Per sopravvivere senza cibo, durante il letargo il riccio riduce al minimo le proprie funzioni vitali: la temperatura corporea scende dai 36,5°C a circa 5 gradi; gli atti respiratori passano da 40/50 al minuto a 4/5; la frequenza cardiaca scende a 8/20 battiti al minuto contro i circa 180/200 in condizioni normali. Il letargo dura da novembre a fine marzo/metà aprile.
In questo periodo il suo corpo è messo a dura prova e il riccio perde mediamente un terzo del proprio peso iniziale.
Tuttavia, il meccanismo del letargo non può attivarsi se il riccio non ha scorte di grasso sufficienti. Sotto i 550/600 grammi i ricci non hanno la possibilità di andare in letargo e, non trovando cibo, non hanno la possibilità di sopravvivere.
In gran parte d’Europa la popolazione di ricci è in forte declino (oggi specie considerata vulnerabile) e si teme che nel giro di una ventina d’anni questi simpatici mammiferi spinosi possano estinguersi. Pensate che in Gran Bretagna, nell’arco degli ultimi 60 anni,il numero di ricci è calato di uno spaventoso 97%.
Le cause di tale declino sono da ricercarsi principalmente nella perdita di habitat e di biodiversità, nel fortissimo impatto dell’uomo sugli ecosistemi, nelle attività umane (agricoltura intensiva, utilizzo di macchinari agricoli e da giardinaggio, circolazione di veicoli durante la notte) nonché nelle conseguenze del cambiamento climatico.
A causa di estati e autunni sempre più miti e prolungati, da una ventina d’anni a questa parte, i ricci hanno cominciato ad avere due parti all’anno anziché uno solo in primavera, come accadeva un tempo. I cuccioli delle nidiate tardive, tuttavia, sono sfortunati: non hanno infatti il tempo necessario per crescere a sufficienza prima dell’inizio della brutta stagione, quando dovrebbero entrare in letargo.
Indicativamente il secondo parto avviene tra fine agosto e la prima metà di ottobre.
I cuccioli nati prima hanno qualche chance in più, ma tra quelli tardivi la mortalità è elevatissima.
Teniamo presente che mamma riccio allatta i propri cuccioli per circa una quarantina di giorni. Solo successivamente inizia lo svezzamento e i piccoli cominciano a cercarsi il cibo autonomamente.
Cibo che però è sempre meno disponibile con l’avanzare dell’autunno!
Ricordiamo anche come i ricci trovino sempre meno insetti (le loro prede d’elezione) a causa del massiccio e indiscriminato utilizzo di prodotti chimici da parte dell’uomo, soprattutto in agricoltura.
Ed è così che vi introduciamo la storia di Benny. Il piccolissimo riccio è arrivato qualche settimana fa al Centro in condizioni disperate, ridotto a pelle e aculei, come tanti ricci delle cucciolate tardive. Dopo cure appropriate e un periodo di alimentazione concentrata e super nutriente, adesso Benny è in condizioni soddisfacenti e la sua storia a lieto fine si può seguire sulle pagine social del Centro Ricci La Ninna.
Sempre sui canali social del Centro, si possono trovare consigli preziosi per il primo soccorso, come raccogliere e trasportare un riccio, come costruire una mangiatoia e una sezione in cui si può adottare un riccio o fare una donazione. In questo periodo, con una donazione di almeno 15 euro, si riceverà a casa il calendario 2022, con le foto di alcuni ricci ospiti al Centro, informazioni utili e i disegni inediti fatti a china, donati dall’artista Manuel Grosso.
Informazioni ulteriori sul sito: https://laninna.org
su Facebook: https://www.facebook.com/centrorecuperoricciLaNinna
e al numero 324 098 0940