Luca Zingaretti "55 giorni. l'Italia Senza Moro" Martedì 8 maggio 2018 alle 20.30 su Rai 1 #Rai1
Rai
1 e Rai Fiction
presentano
Luca
Zingaretti
55
GIORNI
L’ITALIA
SENZA MORO
In
prima visione su Rai1
martedì
8 maggio alle 20.30
da un’idea
di Luca Zingaretti
tratto dal testo 55 Giorni. L’Italia senza Moro di Stefano Massini, edizioni Il Mulino
con Luca Zingaretti e Alessia Giuliani
Regia di Luca Zingaretti
tratto dal testo 55 Giorni. L’Italia senza Moro di Stefano Massini, edizioni Il Mulino
con Luca Zingaretti e Alessia Giuliani
Regia di Luca Zingaretti
Per
ricordare l’anniversario di uno degli avvenimenti più
cruciali della storia contemporanea italiana, il sequestro Moro, Rai1
e Rai Fiction presentano Luca
Zingaretti
in “55
Giorni. L’Italia senza Moro”,
un’orazione civile dall’omonimo libro di Stefano
Massini,
in onda martedì
8 maggio alle 20.30 su Rai1.
Alla
vigilia del 40° anniversario del ritrovamento in via Caetani a
Roma del corpo esanime dell’allora Presidente della Democrazia
Cristiana, Aldo Moro, Luca
Zingaretti interpreta “55
Giorni. L’Italia senza Moro”,
dall’omonimo libro di Stefano Massini, un’orazione
civile che
- partendo proprio dai luoghi in cui avvennero quei tragici fatti -
rievoca
l’Italia di quei 55 giorni del 1978
che più misero alla prova il nostro paese, attraverso un
mosaico di vicende e ritratti: visi, nomi, pennellate di storia e di
costume.
La
cronaca dei fatti che si susseguirono fra il 16 marzo e il 9 maggio
1978 viene qui esposta mediante eventi secondari adombrati dallo
stesso caso Moro: oltre al terribile sequestro, cosa accadde in quei
55 giorni? E quanto di quei fatti ci può servire a illuminare
la cronaca stessa della condanna a morte di Moro? Che Italia era
quella che assisteva alla prigionia dello statista democristiano? Che
volti aveva? Cosa pensava? Cosa cantava? Per chi tifava?
Partendo
da estratti dell’omonimo ultimo libro di Stefano Massini –
lo scrittore italiano più rappresentato sui palcoscenici
internazionali – in “55
Giorni. L’Italia senza Moro”
nomi,
storie, vicende vanno a delineare attraverso l’interpretazione
di Luca Zingaretti un racconto incalzante e vertiginoso che
non manca di ricostruire attraverso documenti, video e immagini
dell’epoca la cronaca del sequestro restituendone soprattutto
il fattore emozionale legato all’umanità sottesa.
“L’eccidio
di via Fani e i 55 giorni che ne seguirono è qualcosa che ha
cambiato direzione alla mia vita come a quella di milioni di italiani
– dichiara Luca Zingaretti qui anche nella veste di regista -
Mi
ricordo perfettamente cosa facevo e dov’ero quando ne arrivò
la notizia, dov’ero e cosa stavo facendo quando arrivò
la notizia del ritrovamento del corpo dentro una R4 rossa a via
Caetani…. Perché allora parlare ancora di Moro e della
barbara uccisione della sua scorta dopo 40 anni? Perché dopo
40 anni ancora non sappiamo quasi nulla di quella tragedia che ha
modificato il corso della storia del nostro paese”.
Del
libro omonimo che ha ispirato “55
Giorni. L’Italia senza Moro”
Stefano Massini afferma «Questo
non è un libro sul calvario di Moro, ma su ciò che si
muoveva sullo sfondo, mentre quei fatti accadevano; perché non
esiste storia senza ciò che vi sta dietro».
Da
questi due approcci di Zingaretti e Massini, nasce un’orazione
civile emozionante e necessaria per uno degli avvenimenti che più
ha influenzato l’Italia contemporanea.
Accanto
a Luca Zingaretti l’attrice Alessia
Giuliani e
il pianoforte del Maestro
Arturo Annecchino
che con la sua musica sottolinea i momenti chiave
dell’interpretazione.
55
GIORNI. L’ITALIA SENZA MORO è una
produzione Bibi Film Tv – Zocotoco per Rai1 e Rai Fiction. Da
un’idea di Luca Zingaretti, tratto dal testo 55
Giorni. L’Italia senza Moro
di Stefano Massini, edizioni Il Mulino. Le musiche sono composte ed
eseguite dal Maestro Arturo Annecchino. La regia è di Luca
Zingaretti
NOTE
DI REGIA
di LUCA ZINGARETTI
I
tragici fatti di via Fani e i 55 giorni che ne seguirono è
qualcosa che ha cambiato direzione alla mia vita come a quella di
milioni di italiani.
Mi
ricordo perfettamente cosa facevo e dov’ero quando arrivò
la notizia del sequestro, dov’ero e cosa stavo facendo quando
arrivò la notizia del ritrovamento del corpo dentro una R4
rossa a via Caetani.
Mi
ricordo lo sgomento, la paura, lo sconforto, ma soprattutto lo
sconcerto nel leggere la prima lettera dello statista rinchiuso nella
sua cella che si rivolgeva a Cossiga e il mio “non capire”
perché tutti dicessero che Moro non avrebbe mai potuto
scrivere quelle cose: “ma perché?!?!” mi chiedevo?
Perché non dovrebbe essere lui?!?!”
Mi
ricordo Roma, la mia città, in stato di assedio: posti di
blocco ovunque, perquisizioni continue e una gran paura ad uscire di
casa.
Mi
ricordo il comunicato BR che indicava che il corpo dello statista
giaceva in fondo al lago della Duchessa e il momento in cui si
cominciò a dubitare dell’autenticità degli autori
di tale comunicato.
Mi
ricordo la scoperta del covo BR di via Gradoli dovuta a una stupida
perdita d’acqua, dopo che quasi mille uomini erano andati a
Gradoli grazie a una seduta spiritica.
Mi
ricordo le prese di posizione dei nostri politici: Andreotti,
Berlinguer, Cossiga e ancora Craxi, Zaccagnini, Fanfani e La Malfa.
Mi
ricordo il comunicato finale in cui le BR annunciavano la
pubblicazione dell’interrogatorio di Moro che avrebbe rivelato
al proletariato delle notizie esplosive sulla DC e su come era stata
governata l’Italia.
Mi
ricordo tutto perfettamente.
E
credo che tutti quelli che hanno vissuto quella esperienza ricordino
come me quanto ho sopra scritto e che quelli venuti dopo abbiano
avuto modo di informarsi.
Perché
allora parlare ancora di Moro e dell’eccidio della sua scorta
dopo 40 anni?
Perché
dopo 40 anni ancora non sappiamo quasi nulla di quella tragedia che
ha modificato il corso della storia del nostro paese.
Se
la seconda commissione Moro, che ha chiuso i suoi lavori a dicembre
2017, ha sentenziato “In via Fani c’erano ANCHE le
Brigate Rosse” credo che sia doveroso non solo la ricerca della
verità, ma anche celebrare, dando loro voce, le vittime di
quella tragedia.
LUCA
ZINGARETTI
Dopo
aver frequentato l'Accademia Nazionale d'Arte Drammatica a Roma,
esordisce nei primi anni
Ottanta come attore di teatro con i registi Ronconi, Mattolini e Sequi.
Ottanta come attore di teatro con i registi Ronconi, Mattolini e Sequi.
A
cavallo degli anni ottanta e novanta, arrivano i primi
ruoli cinematografici di cui ricordiamo, tra gli altri, Gli
occhiali d'oro di Giuliano
Montaldo, Il
branco
di Marco Risi e Vite
strozzate di Ricky
Tognazzi.
In
campo televisivo, nel 1997 ottiene una prima
visibilità, interpretando il boss mafioso Pietro Favignana
nella miniserie di Giacomo Battiato La
piovra 8 - Lo scandalo ma
è nel 1999 che Luca Zingaretti, vestendo per la
prima volta i panni di Salvo
Montalbano -
il commissario di polizia brusco e intelligente ideato dallo
scrittore Andrea Camilleri, protagonista dell'omonima serie
televisiva - ottiene una grande popolarità, sia in Italia
che all'estero.
Alla
fine degli anni novanta è nel cast dei film Tu
ridi di
Paolo e Vittorio Taviani e L'anniversario di Mario
Orfini, pellicole che gli valgono i primi riconoscimenti, con le
candidature ai Nastri d'argento del 1999 (come attore
non protagonista) e del 2000 (come migliore attore).
Intanto, nello stesso anno debutta anche
come regista nel documentario Gulu.
Successivamente,
proseguendo l'interpretazione di Montalbano, Zingaretti continua a
dividersi con successo tra piccolo e grande schermo. Al cinema prende
parte a Texas
46 di Giorgio
Serafini, Prima
dammi un bacio di Ambrogio
Lo Giudice, I
giorni dell'abbandono di Roberto
Faenza, A
casa nostra di Francesca
Comencini, Mio
fratello è figlio unico di Daniele
Luchetti e Sanguepazzo di Marco
Tullio Giordana. Nel 2010 vince il suo primo Nastro
d'argento come migliore attore non protagonista grazie ai ruoli in La
nostra vita di
Luchetti e Il
figlio più piccolo di Pupi
Avati. A partire dal 2011 lo vediamo tra gli altri ne La
Kryptonite nella borsa
di Ivan Cotroneo, Romanzo
di una
strage di Marco Tullio Giordana, Les
vacances du petit Nicolas di
Laurent Tirard, Perez
di Edoardo De Angelis e Il
Vegetale
di Gennaro Nunziante.
Nella
sua carriera non mancano le interpretazioni che ripercorrono la vita
di personaggi realmente esistiti, le quali hanno sempre ottenuto un
ottimo riscontro di pubblico e di critica. Nel campo televisivo, si
segnalano Pietro Nenni nella miniserie Il
giovane Mussolini, Giorgio
Perlasca in Un
eroe italiano, Paolo
Borsellino in I
57 giorni ed Adriano
Olivetti in Adriano
Olivetti -
La
forza di un sogno.
Al cinema invece ha dato il volto a Don Pino Puglisi in Alla
luce del sole di
Faenza, che gli è valso un riconoscimento al Festival
Internazionale del cinema di Karlovy Vary e una candidatura ai
David di Donatello del 2005 (come miglior attore).
Il
Teatro ha da sempre accompagnato la sua carriera professionale che lo
vede impegnato nel duplice ruolo di attore e di regista e dopo aver
concluso nel 2013 l'impegnativa tournée dello spettacolo La
Torre d’avorio torna
a confermare nel 2015 i sold out in tutta Italia con lo
spettacolo The
Pride.
Attualmente è impegnato come regista per lo spettacolo The
Deep Blue Sea
in scena nella stagione 2018/2019.
Dal
28 giugno al 1 luglio 2018 tornerà per la dodicesima volta a
ricoprire il ruolo di Direttore artistico del festival del
documentario “Hai visto mai?” svolto per il quarto anno a
Pesaro.
IL
LIBRO
di
STEFANO MASSINI
55
GIORNI. L’ITALIA SENZA MORO
Volti,
immagini, storie da un paese in bilico, ed. il Mulino
Che
Italia è quella che assiste alla prigionia di Aldo Moro? Che
volti ha? Che cosa pensa? Se la tragedia incombe, insieme con altri
fatti drammatici – un gravissimo incidente ferroviario, due
diciottenni uccisi a Milano, l’assassinio di Peppino Impastato
– la vita quotidiana scorre. Lo scudetto infiamma i tifosi, e
così il mondiale di Formula 1, si guarda Portobello, si
avvistano extraterrestri, si chiudono i manicomi, ci si strugge per
Pinocchio, si fa l’amore da Trieste in giù, mentre
dilaga la febbre del sabato sera. Un corto circuito culturale e
antropologico scuote il paese, e queste pagine ce ne portano l’eco:
alla voce dei telegiornali con le loro schegge di tragedia, fra
comunicati e ultimatum, si sovrappongono le «emozioni da poco»
e i «pensieri stupendi». Eterni «figli delle
stelle», gli italiani dovranno ora affrontare un passaggio cui
è impossibile sottrarsi. Come su un palcoscenico, nomi,
storie, vicende in un racconto incalzante e vertiginoso, a comporre
il ritratto di un paese che avrebbe preferito rimanere ancora una
volta ignaro, nella sua atavica sospensione fra vitalismo e abulia.
«Questo
non è un libro sul calvario di Moro, ma su ciò che si
muoveva sullo sfondo, mentre quei fatti accadevano; perché non
esiste storia senza ciò che vi sta dietro»
STEFANO
MASSINI
Scrittore,
drammaturgo, sceneggiatore, è consulente artistico del Piccolo
Teatro di Milano/Teatro d’Europa. È volto noto
televisivo per i suoi racconti nella trasmissione Piazzapulita su
La7. Collabora con «la Repubblica». È lo scrittore
italiano più rappresentato sui palcoscenici internazionali; ha
vinto sette premi della critica tra Francia, Italia, Germania e
Spagna; i suoi testi sono stati tradotti in 15 lingue. Il suo Lehman
Trilogy, ultima regia teatrale di Luca Ronconi, verrà messo in
scena da Sam Mendes per il National Theatre di Londra (da luglio
2018). Tra i suoi ultimi libri «Qualcosa sui Lehman»
(2016) e «L’interpretatore dei sogni» (2017),
pubblicati da Mondadori; per il Mulino «Lavoro» (2016).