“Senza distruzione
non c’è costruzione”. Con questo motto, esattamente 50 anni fa, Mao
Zedong dava l’ultima zampata di una vita da rivoluzionario. In pochi
mesi, la società cinese si sarebbe ritrovata sconvolta nelle sue radici
più profonde. A “Il Tempo e la Storia”, il programma di Rai Cultura in
onda giovedì 14 aprile alle 13.10 su Rai3 e alle 20.50 su Rai Storia,
Massimo Bernardini ne parla con il professor Giovani Andornino che parte
dal momento in cui Mao, nella primavera del 1960, lancia la Rivoluzione
Culturale. Obiettivo è colpire il gruppo di esperti che ha assunto la
guida del paese dopo il disastro economico del Grande Balzo in Avanti e
che, secondo la sua visione, ha abbandonato la strada della rivoluzione.
La scintilla però incendia l’intera Cina, che arriva a un passo dalla
guerra civile. Con le scuole chiuse e le fabbriche in sciopero, orde di
guardie rosse, invitate da Mao a “bombardare il quartier generale”,
danno la caccia a insegnanti, intellettuali, quadri di partito, chiunque
sia sospettato di atteggiamento borghese e “controrivoluzionario”,
distruggendo qualunque simbolo del passato, con una furia iconoclasta
senza precedenti.
Mao è costretto a chiamare l’esercito per riportare l’ordine e a
disperdere le guardie rosse, che verranno spedite in campagna a
rieducarsi coi contadini più poveri. La rivoluzione vera e propria è
finita, ma il potere è ormai nelle mani della sinistra estrema, che, con
quella che verrà chiamata la Banda dei Quattro, lo manterrà fino alla
morte del vecchio leader carismatico, nel 1976.