LA VIA DEL LIBERTY E DEL CUBISMO a Praga

Praga

La Repubblica Ceca, e in particolare Praga, è come un grande libro d’arte a cielo aperto, da esplorare passando da borgo a città, da palazzo a monumento, attraversando i secoli. Alcuni capitoli di questo libro, specialmente quelli più recenti, rappresentano un’identità storica e artistica tipicamente ceca, che pur ispirandosi all’Europa, acquisisce una forma unica. Alcuni movimenti hanno trovato in questo Paese la loro massima espressione, diventando stili distintivi. Un esempio eclatante è il cubismo, che, sebbene ispirato dalla Francia, si è evoluto in un movimento unico e inimitabile, capace di andare oltre la pittura e la scultura per innescare una vera rivoluzione architettonica in Cechia.

Ancora poco considerato dai grandi itinerari turistici, spesso oscurato dalla maestosità e dalla fama di antiche vestigia, monumenti del passato ed edifici nostalgici, esiste un volto modernista della Repubblica Ceca che merita di essere scoperto e rivalutato.

Nella capitale, ma anche in altre parti del Paese, tra Boemia e Moravia, accanto a un patrimonio artistico di lunga tradizione, si può riconoscere anche l’eredità di correnti artistiche e architettoniche più recenti, legate alla “nuova” storia della Cechia, al suo nuovo corso politico e culturale. Forme d’arte che esprimono i fermenti e i cambiamenti del periodo precedente alla Grande Guerra, quando dall’opposizione dei cechi contro gli austriaci e degli slovacchi contro gli ungheresi stava nascendo la Cecoslovacchia. Proclamato alla fine del 1918, il nuovo Stato indipendente era tra le nazioni più industrializzate al mondo, influenzando notevolmente la sua identità artistica e il suo volto architettonico.

Accanto ai capolavori gotici, rinascimentali, barocchi e neorinascimentali che tanto contribuiscono all’immagine austera e leggendaria di Praga e della sua terra, preannunciato dalla leggerezza dello stile Liberty con le sue linee fluide e armoniose e la predilezione per i decori che già rompevano con gli stili tradizionali, si assiste al boom delle avanguardie: inizialmente con il Cubismo e successivamente con il Funzionalismo, un inno di mattoni e cemento al nazionalismo, alla nuova Repubblica, alla libertà, a un nuovo, luminoso e illuminato capitolo della storia ceca.

L’ARCHITETTURA CELEBRA IL NUOVO STATO INDIPENDENTE

Il periodo considerato in questo itinerario è quello precedente alla Grande Guerra, tra il XIX e il XX secolo. Il progresso trasforma, se non rivoluziona, il concetto di architettura. Con l’avvento dell’industria e i grandi cambiamenti politici e sociali portati dal conflitto mondiale, non si tratta più “semplicemente” di costruire edifici e opere pubbliche. I nuovi architetti hanno a disposizione nuovi mezzi, tecnologie e materiali – primo tra tutti l’innovativo cemento armato – ma devono anche rispondere a nuove esigenze urbanistiche. I progetti ora devono essere funzionali e innovativi, ma devono rigorosamente tenere conto anche di nuovi canoni estetici. Inizia così l’architettura moderna, espressione della vita sociale e lavorativa dell’epoca, che nell’allora Cecoslovacchia trovò una delle sue più alte espressioni, raggiungendo livelli internazionali. Ispirati agli studi urbanistici di Le Corbusier, nascono quartieri e persino città nuovi, modernissimi, per l’epoca addirittura futuristi.

IL LIBERTY, CERNIERA TRA PASSATO E FUTURO

Prima che nel progresso si intravedessero nuove, straordinarie prospettive per un’architettura futurista, in Repubblica Ceca si assistette al fiorire dello stile liberty. La sua leggerezza, eleganza, il tripudio di decori, “arzigogoli” e motivi floreali, il cromatismo insolito e la predilezione per le linee sinuose sono in qualche modo una prima conseguenza dello sviluppo industriale, o meglio una risposta alla bruttezza e alla “brutalità” dell’industria.

A plasmare l’Art Nouveau ceca, e non solo, è l’artista moravo – pittore e scultore – Alfons Mucha (1860-1939), formatosi e ispiratosi a Vienna, Parigi e negli Stati Uniti, ma poi tornato nella sua terra natale. I suoi manifesti ariosi e vivaci, raffinati e sensuali – per lo più locandine teatrali che ritraggono l’attrice francese Sarah Bernhardt, dalla bellezza eterea – sono universalmente noti e spesso oggetto di mostre nel mondo, diventando simbolo assoluto del liberty. Mucha, ancora sconosciuto e con una predilezione per il disegno, inizia la sua carriera come pittore decorativo di scenografie teatrali, per poi essere “promosso” a scenografo. Rientrato temporaneamente in patria, si dedica all’attività di decoratore e ritrattista, finché viene notato dal conte Karl Khuen Belasi di Mikulov, che gli affida gli affreschi dei suoi castelli in Moravia e in Tirolo e finisce col sostenere economicamente la sua formazione artistica. Mucha riparte quindi per l’Europa e a Parigi, in occasione della realizzazione della celebre locandina per l’opera teatrale Gismonda, incontra la seducente attrice Sarah Bernhardt, che gli propone un contratto di ben 6 anni. Ormai firma nota e corteggiata, Mucha produce senza sosta ritratti, cartelloni pubblicitari, copertine di riviste, illustrazioni di libri, calendari, pannelli decorativi e manifesti teatrali.

ALFONS MUCHA, PROFETA IN PATRIA

Rientrato definitivamente in patria nel 1910 dopo un’esperienza statunitense, Mucha porta la sua interpretazione cosmopolita del liberty a Praga e ispira altri colleghi, che arricchiscono il Paese con opere uniche. Mucha torna in città proprio negli anni in cui, con il suo determinante contributo, il liberty raggiunge il massimo, seppur fugace, splendore (durante la Guerra sarà giudicato frivolo e decadente) e intere aree della Città Nuova e del quartiere ebraico vengono rase al suolo e ricostruite secondo i canoni di quello che qui è chiamato lo “stile Secessione”. Un tale splendore da rendere Praga la capitale europea con la più alta concentrazione di edifici liberty in Europa.

Approdato in città con l’esposizione del Giubileo nel 1891, il nuovo stile rompe con le strategie monumentali ottocentesche, in favore di edifici dalla leggerezza elegante, ottenuta anche grazie a un nuovo impiego di materiali come vetro e ferro battuto. Dal 1918 Mucha sostiene l’entusiasmo per la neonata Cecoslovacchia e mette la propria arte al servizio del Paese disegnando francobolli, banconote e documenti governativi. Fin dal suo rientro è molto attivo e ricercatissimo e oggi molte tracce del suo genio si possono trovare in giro per la capitale. Alla sua mano delicata ed elegante vengono affidate, per esempio, anche le decorazioni della Casa Municipale, in piazza Repubblica. L’edificio, considerato il massimo esempio di Art Nouveau a Praga, accoglie con una facciata ridondante di stucchi e statue. La Sala del Sindaco è interamente decorata da Mucha, che firma anche la Sala Primatorsky e le vetrate del frontone ad arco dell’ingresso principale. Attrazione nell’attrazione di questo vasto tempio liberty – con tanto di caffè e ristoranti in stile – è certamente la grande Sala Smetana, lussuoso salone da ballo sotto una cupola di vetro, oggi sala da concerti. Di Mucha a Praga sono inoltre celebri una bella vetrata policroma nella cattedrale di San Vito, le decorazioni del teatro delle Belle Arti e quelle di numerosi palazzi della città.

A Mucha è dedicato un intero museo, ospitato a palazzo Kaunicky, che ripercorre l’intera sua evoluzione artistica, proponendo al pubblico anche opere meno note, come i disegni e i pastelli, e i cartelloni preparatori di quella che è stata la sua più grande fatica: l’Epopea Slava. In quest’opera monumentale, che ha oggi finalmente trovato casa nel Palazzo delle Esposizioni, Mucha ha fissato su venti grandi tele la storia dei cechi e di altri popoli slavi.

SULLE ORME DEL LIBERTY, DA PRAGA IN POI

Nella capitale, oltre alla Casa Municipale, numerosi altri monumenti parlano il linguaggio del Liberty. Tra questi, i palazzi dell’elegante via Parizska, dove le grandi firme mondiali dello shopping hanno trovato casa in un contesto architettonico unico. Esempi significativi di arte e decorazione Liberty si trovano poi in alcuni tra i più begli alberghi d’epoca della capitale: il Grand Hotel Evropa in piazza Venceslao, con il suo trionfo di oro, ferro battuto, mosaici colorati e la tipica tettoia d’ingresso, ma anche l’Hotel Paris Prague, l’Art Nouveau Palace Hotel, l’Hotel Meran, il K+K Central, l’Hotel & Café Imperial e l’Hotel Villa Voyta. Da non dimenticare la splendida Stazione Centrale, il cui aspetto attuale – con maioliche, vetrate, statue, pilastri decorati e torri in perfetto stile secessionista – si deve a Josef Fanta, che la riprogettò nei primi anni del Novecento. E poi, naturalmente, anche la splendida e insolita Villa Bílek, dal nome dello scultore, disegnatore, grafico e illustratore František Bílek (1872–1941), che fu, insieme a Mucha, massimo rappresentante del Liberty ceco. La villa familiare con atelier, costruita nel 1911 non lontano dal Castello di Praga, doveva simboleggiare i campi di segale: la sua pianta richiama le tracce della falce in un campo di frumento, il tetto dritto – il primo del genere a essere realizzato nella capitale – rappresenta invece i campi stessi. Le colonne simboleggiano covoni stilizzati di spighe, motivi che ricorrono anche negli interni e sulle porte intagliate, le maniglie e i mobili forgiati. All’interno, la villa ospita l’esposizione permanente e l’atelier di Bílek.

Ma la contagiosa grazia del Liberty investe tutto il Paese e dalla capitale si diffonde rapidamente. Per gli amanti del genere, tappe imprescindibili in giro per il Paese sono Villa Primavesi a Olomouc, costruita sopra le mura della città in stile Secessione viennese e decorata da diverse prestigiose firme dell’epoca, tra cui anche Gustav Klimt, e Casa Felix Zawojski a Karlovy Vary, costruita nei primi del ‘900 in un tripudio di oro, stucchi e ferro battuto per lo stilista e sarto Felix Zawojski, oggi elegante albergo della nota località termale. Altro capolavoro di Art Nouveau è Villa Jurkovic a Brno-Žabovřesky, costruita nel 1906. Residenza dell’architetto slovacco Dušan Jurkovič (1868–1947) – noto soprattutto per aver reso unico il complesso termale di Luhačovice, non lontano da Zlín tra le colline boscose dei Carpazi Bianchi – la villa è uno straordinario esempio delle tendenze europee dell’epoca in architettura e arredamento.

IL MODERNISMO FIRMATO JAN KOTĚRA

Il primo a guardare al futuro è Jan Kotěra (1871-1923), considerato il fondatore del modernismo in Cechia. Frequenta un corso di architettura all’Accademia delle Belle Arti di Vienna, diretto da Otto Wagner. Durante gli studi ha modo di conoscere architetti di fama internazionale. Rientrato in patria, abbandona ben presto lo stile della Secessione e, influenzato dall’architetto americano Frank Lloyd Wright, si dedica a un nuovo concetto di architettura, che da un lato ottimizza la funzione dell’edificio e dall’altro ne esalta l’estetica. I suoi edifici sono asimmetrici ma equilibrati, ricchi nelle forme ma semplici negli spazi, funzionali ma artistici. Sono opera di Kotěra numerose ville private in Repubblica Ceca, a partire dalla sua abitazione a Praga, Palazzo Lucerna, la facoltà di legge dell’Università Carlo sempre nella capitale, il Museo della Boemia Orientale a Hradec Králové e alcune tombe-monumento nel cimitero ebraico di Praga. Nel 1911 Kotěra collabora anche al progetto della villa di Tomáš Baťa, famosissimo imprenditore del settore calzaturiero il cui marchio –Baťa, dall’apostrofo quasi impercettibile nel logo– ha oggi raggiunto ogni angolo del mondo. Baťa fonda il suo impero a Zlín e qui vuole anche una “città ideale per lavoratori felici”. Kotěra è supervisore del progetto per il nuovo villaggio operaio di Baťa, la cui realizzazione viene poi portata avanti da František Lýdie Gahura, suo allievo. Nascono così moderni quartieri di casette in mattone, tutte uguali, squadrate e con i tetti piatti, fornite di giardinetto e distribuite attorno a piazze, scuole, ospedali e tutto quanto possa servire agli operai per una vita sana e soddisfacente. Oggi a Kotěra è dedicato un albergo-monumento a Ratboř u Kolína, in Boemia. L’hotel Chateau Kotěra è ospitato nel castello progettato dallo stesso Kotěra per la famiglia Mandelík, proprietaria di uno zuccherificio, tra il 1911 e il 1913. Anche gli arredi, ancora originali, portano la firma del grande architetto.

JOSEF GOČÁR E IL CUBISMO CECO RIVOLUZIONANO L’ARCHITETTURA

Accade poi che l’allievo superi il maestro. L’allievo in questione è Josef Gočár (1880-1945), la cui firma è destinata a rivoluzionare l’architettura ceca. Padre assoluto del Cubismo ceco, che solo qui raggiunge espressioni degne di nota in architettura, Gočár fonda un vero e proprio movimento artistico, con tanto di programma, di cui è teorico il collega Pavel Janák. Quello cubista è uno stile rivoluzionario, partito nella pittura dagli insegnamenti dei francesi Picasso, Braque e Derain, che per primi stravolgono il modo di rappresentare il mondo.

L’idea è di superare il tradizionale concetto di prospettiva, presentando l’oggetto da più punti di vista. Dopo Parigi, Praga ne diviene la seconda capitale e trasla gli insegnamenti cubisti in architettura. Gli edifici adottano così facciate spezzate con forme geometriche astratte, senza però mai dimenticare l’ambiente e il contesto in cui sorgono. Secondo i cubisti, il cubo è la figura che sta alla base di ogni altra. Ecco allora che nelle architetture ceche esordiscono cubi, esagoni, incastri geometrici e figure dodecaedriche. Sono di Gočár anche l’edificio-simbolo del Cubismo ceco – la Casa della Madonna Nera di Praga, che con le sue linee pulite e geometriche contrasta con le facciate barocche della via Celetná, e che ospita il Museo del Cubismo Ceco con tanto di Caffè cubista -, le terme Bohdaneč con un intero, monumentale padiglione cubista, i mulini automatici di Winternitz a Pardubice, Villa Bauer a Libodřice non lontano da Kolín, la chiesa di San Venceslao Vršovice a Praga e i Magazzini Wenke di Jaroměř.

Nella capitale, cuore del modernismo in tutte le arti e culla del cubismo ceco, portano invece la firma di Josef Chochol – insieme a Gočár massimo esponente dell’architettura cubista praghesa – l’elegante Villa Libušina modellata in puro stile cubista con la sua facciata di geometrie e simmetrie e cubista anche negli arredi e le cosiddette Tre Case Cubiste (una tripla villa familiare) di Rašínovo nábřeží. A Chochol si devono anche altre ville e palazzi a Vyšehrad. Tra le altre opere singolari della Praga cubista, segnaliamo quelle di Emil Králíček e Matěj Blecha, come il Lampione di Jungmannovo náměstí, nascosto dietro il palazzo funzionalista di Baťa, e Casa Diamant, considerata un insolito e raro esempio di “elettro-cubismo” per i neon e le insegne luminose al pianterreno.

Firma significativa del cubismo ceco è anche Pavel Janák (1881-1956) architetto, designer e urbanista modern

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