Michele Mariotti in tournée con l’Orchestra e il Coro del Teatro Comunale di Bologna per lo Stabat Mater di Rossini

Michele
Mariotti in tournée con l’Orchestra e il Coro del

Teatro
Comunale di Bologna per lo Stabat Mater di Rossini

Michele Mariotti_Comunale_Bologna_i4q1917©Rocco.Casaluci_2015

Torino, Lingotto
Musica, 20 ottobre, ore 20:30

Bergamo, Teatro
Donizetti, 21 ottobre, ore 20:00

Nuovo
appuntamento con Gioachino Rossini per Michele Mariotti con l’Orchestra e il
Coro (direttore Andrea Faidutti) del Teatro Comunale di Bologna, del quale
Mariotti è Direttore Musicale.

Dopo
il primo appuntamento lo scorso 22 agosto al Rossini Opera Festival di Pesaro,
prossime date a Torino (martedì 20 ottobre, inaugurazione della stagione di
Lingotto Musica), e a Bergamo (mercoledì 21 ottobre, Stagione Lirica del Teatro
Donizetti): il programma rimane invariato con l’ouverture e i divertissement
dal “Guillaume Tell”, quindi lo “Stabat Mater” che nel 1842 fu eseguito
dapprima a Parigi, poi in prima italiana a Bologna sotto la guida di Gaetano
Donizetti.

Solisti
vocali in queste date autunnali saranno Yolanda Auyanet (soprano), Veronica
Simenoni (mezzosoprano), Antonino Siragusa (tenore) e Michele Pertusi (basso).

“Ho
impaginato il programma di questo concerto, 5 anni dopo aver diretto lo Stabat
Mater
di Rossini – ricorda Mariotti – a Pesaro e a Firenze. A metà giugno,
però, ho ricevuto un’inattesa chiamata da Riccardo Chailly per sostituirlo alla
Gewandhaus di Lipsia in un programma in cui figurava anche lo Stabat di
Rossini. Ho così deciso di riprendere il brano come fosse la prima volta,
imponendomi una lettura non condizionata dalle mie abitudini interpretative.
Questo nuovo studio ha avuto in me effetti stupefacenti: mi è sembrato di
scoprire questa musica intrisa di struggente dolore, moderna perché laica e
religiosa al tempo stesso; ho riscoperto in essa silenzi “assordanti”, ho
sentito la necessità di ripulire l’opera da ogni pesantezza e ridondante
eroicità. Ho scoperto poi, preso per mano da Rossini, un nuovo modo di vivere
il rapporto con la morte; un modo onesto verso la propria dimensione umana in
rapporto con Dio, ma allo stesso tempo critico e rabbioso verso quel Dio che
non è stato in grado di ripagare l’uomo della totale fiducia ripostagli,
generando un senso di sconforto, delusione e anche di rabbia. Proprio in questo
rapporto paritetico con Dio sta, secondo me, la modernità dello Stabat Mater
di Rossini. Nella fuga finale, quasi in stile bachiano (sarà stato l’ambiente
di Lipsia a suggerirmi questo accostamento?), i soprani insieme ai tenori del
coro intonano, come fosse un grido disperato, la parola “sempiterna”
per mezzo di un intervallo di ottava dalla sonorità agghiacciante, che infonde
un senso di spietata fatalità contro cui l’uomo è assolutamente inerme.
Mirabili sono poi la sommessa ed estatica preghiera del tenore, la vellutata e
confortante aria del mezzosoprano – quasi fosse un contraltare agli interventi
solistici di soprano e basso assai più drammatici e ieratici – fino al surreale
quartetto, una sorta di danza sensuale che forse più di ogni altro numero
musicale incarna il vero spirito rossiniano: un misto di ironia, disincanto e drammatica
consapevolezza della vita”.