Mostre. A Palazzo Reale “Il ritorno di Segantini” a Milano per la più grande retrospettiva mai realizzata in Italia

21. Segantini Le due madri

Milano, 17 settembre 2014 – E’ stata presentata
oggi a Palazzo Reale la mostra “Segantini”, in programma nelle sue sale dal 18
settembre 2014 al 18 gennaio 2015.
In mostra oltre 120 opere del grande artista protagonista
dell’arte di fine Ottocento per la rassegna più completa mai realizzata in
Italia. Artista di straordinaria notorietà in vita, dimenticato e poi riscoperto
dalla critica italiana e internazionale in varie fasi del Novecento, Giovanni
Segantini
è il protagonista della grande mostra antologica prodotta per il
prossimo autunno da Comune di Milano – Cultura, Palazzo Reale e Skira
editore
in collaborazione con Fondazione Antonio Mazzotta.

La mostra partecipa a Milano Cuore
d’Europa
, il palinsesto culturale multidisciplinare dell’Assessorato alla
Cultura del Comune di Milano dedicato all’identità europea della nostra città
anche attraverso le figure e i movimenti che, con la propria storia e la propria
produzione artistica, hanno contribuito a costruirne la cittadinanza europea e
la dimensione culturale.

“Il
cuore dell’attività di Giovanni Segantini si è sviluppata a Milano – afferma
l’Assessore alla Cultura Filippo Del Corno –  dove il suo status di
‘cittadino di frontiera’ gli ha permesso di spaziare con libertà intellettuale e
artistica attraverso le diverse tendenze pittoriche e culturali dell’epoca. Per
questo motivo siamo molto felici di ospitare le sue opere a Palazzo Reale nella
più grande mostra a lui dedicata in Italia, nella quale non solo ritroveremo i
suoi quadri più noti, come le sue straordinarie nature morte oppure i navigli
milanesi dei suoi esordi, ma anche molti dipinti che non sono mai stati esposti
nella nostra città”.

Dato il
numero limitato di opere prodotte, disperse in tutto il mondo e rese molto
fragili dalla tecnica utilizzata, il percorso dell’artista è stato ricostruito
solo poche volte nella sua interezza, con i capolavori simbolisti visionari
accanto a quelli naturalisti, ai ritratti e alle nature morte degli esordi; per
i più recenti episodi si deve infatti risalire alla mostra di San Gallo in
Svizzera del 1956 e alla retrospettiva del centenario ad Arco nel 1958.

La rassegna di Milano a Palazzo Reale
intende così rendere compiuto omaggio a uno dei maggiori artisti europei del
secondo Ottocento che “in meno di vent’anni di attività ha espresso – conclude
Quinsac – tutte le angosce e i fermenti della sua epoca in un linguaggio che,
teso tra innovazione e tradizione, risulta di una forza senza ulteriori
esempi”.

“Già con la mostra di
grande rilievo internazionale alla Fondation Beyeler – afferma Diana
Segantini – si era dato a Giovanni Segantini, affiancato dai celebri
pittori europei dell’epoca, il posto che merita nella storia dell’arte. Dati la
sua biografia e il suo percorso artistico strettamente legati alla capitale
lombarda, questa mostra darà a Segantini la giusta risonanza a tutti livelli e
soprattutto sarà salutata come il suo ritorno a Milano”.

Curata da Annie-Paule Quinsac, autrice del
catalogo ragionato e maggior esperta di Segantini, e da Diana Segantini,
pronipote dell’artista e già curatrice della esposizione tenutasi alla
Fondazione Beyeler nel 2011, la mostra presenta per la prima volta a
Milano
oltre 120 opere da importanti musei e collezioni private europee e
statunitensi, divise in otto sezioni
, ciascuna delle quali dedicata a un
aspetto dell’arte di Segantini e rappresentata da alcuni dei maggiori capolavori
del grande artista, di cui molti mai esposti in Italia o esposti oltre un secolo
fa. Scopo della rassegna è offrire al grande pubblico e agli studiosi la
panoramica più completa dell’opera di Segantini e farlo così scoprire, o
riscoprire, nella sua straordinaria arte.

Milano è centrale nella breve e intensa vicenda dell’artista
che, nato ad Arco di Trento nel 1858, allora “terra irredenta” posta sotto il
dominio dell’Impero Asburgico, muore quarantunenne nel 1899 in Engadina.
Segantini ritenne sempre sua patria l’Italia, anche se, persa la cittadinanza
austriaca, non riuscirà per questioni burocratiche legate al mancato servizio di
leva prestato per l’Austria, ad ottenere cittadinanza e passaporto italiani. Si
troverà così in una situazione quasi da “apolide”, che non gli permetterà una
libera circolazione all’estero, e quindi di intraprendere quei viaggi tanto
necessari alla formazione di ogni artista.

A Milano arriva nel 1865 a sette anni e se ne andrà nel 1881
per trasferirsi prima in Brianza e poi in Svizzera, a Savognino e poi in
Engadina. Resta dunque nel capoluogo lombardo diciassette anni, fondamentali per
lo sviluppo della sua carriera artistica e per la sua fortuna di artista. Milano
rimarrà il fulcro della parabola segantiniana, la perenne finestra sul mondo
dell’arte.

Il percorso della
mostra si apre con una sezione introduttiva di documenti, fotografie,
lettere, libri, il busto di Segantini eseguito da Paolo Troubetzkoy e quello
giovanile di Emilio Quadrelli, il ritratto di Segantini sul letto di morte,
acquarello di Giovanni Giacometti, suo amico fraterno e padre del celebre
scultore Alberto.

Segue una
sezione preliminare
con quasi tutti gli autoritratti di Segantini,
che permettono di percepire l’evoluzione dall’immagine “realistica” che il
pittore dà di se stesso nell’Autoritratto all’età di vent’anni
(1879-1880), alla progressiva trasformazione simbolista in icona bizantina, nel
carboncino su tela del 1895.

Milano è centrale nella vita e nell’opera del maestro, è il
luogo dove Segantini preferisce esporre, dove ha sede la galleria Grubicy che,
tramite Vittore prima e Alberto poi, lo sostiene e lo introduce alla borghesia
illuminata lombarda, facendogli conoscere, attraverso pubblicazioni e
riproduzioni, la maggiore arte contemporanea europea: da Millet, cui sarà spesso
accostato, alla Scuola di Barbizon sino alla scuola olandese che ne deriva. A
Milano assimila le nuove tendenze artistiche, dapprima la Scapigliatura, poi il
Divisionismo, di cui sarà considerato il corifeo, sino al Simbolismo, che
rielaborerà in modo personalissimo e visionario. Tuttavia, alla città stessa
Segantini dedica pochi lavori, tutti presenti in mostra nella I
sezione Gli esordi come Il coro di Sant’Antonio (1879) o
gli scorci cittadini quali Il Naviglio sotto la neve (1879-1880),
Ritratto di donna in Via San Marco (1880), Nevicata sul Naviglio
(1880 circa), Il Naviglio a Ponte San Marco (1880), rimanendo estraneo
alla rinascita di quella poetica urbana che genera una vera e propria
iconografia della città in trasformazione. In questa sezione introduttiva della
mostra viene presentato il dittico I pittori di una volta, I pittori
di oggi
, la cui prima parte, disgiunta da Vittore Grubicy dopo la mostra del
1883 e non più esposta, è stata ritrovata di recente. Segantini resta comunque
dal 1886 un outsider rispetto alla cultura milanese, comunque
determinante nelle sue scelte di artista e di uomo e della quale influenza gli
sviluppi: “Una posizione in bilico – spiega Quinsac nel suo saggio in catalogo –
la cui peculiarità ha originato gli equivoci del Novecento, spiazzando la
fortuna critica, comunque spezzettata tra tre paesi, Italia, Austria e
Svizzera, che tuttora se lo contendono”.

La II sezione della mostra Il
ritratto. Dallo specchio al simbolo,
presenta una selezione di magnifici
dipinti, alcuni mai visti a Milano, come ad esempio il Ritratto della
Signora Torelli
(1885-1886), nel quale è raffigurata la moglie del fondatore
del “Corriere della Sera”, Eugenio Torelli Viollier, scrittrice femminista
affermata, nota come marchesa Colombi. Quest’opera appartiene a una famiglia che
ne è proprietaria sin dal 1898. E poi L’ebanista Mentasti (1880), il
Ritratto di Carlo Rotta (1897), pretesto per una meditazione sulla
morte, o Petalo di rosa (1890), dipinto sopra il precedente Tisi
galoppante
del 1883, nel quale il volto della compagna Bice al risveglio è
simbolo di sensualità: la scelta di opere effettuata intende illustrare
l’evoluzione simbolista che l’artista impartisce al genere del ritratto.

La III sezione Il vero
ripensato: la natura morta
presenta una serie di straordinarie nature
morte
, genere obbligato alla fine dell’Ottocento, cui Segantini si dedica
con eccellente maestria sia in pannelli decorativi, di cui sono esposti due
bellissimi esempi con frutta e fiori, sia nella sua personalissima maniera di
costruire il reale in quadri che paiono astratti come Funghi (1886),
Pesci (1886), Anatra appesa (1886). La IV sezione
Natura e vita dei campi raccoglie i capolavori sulla vita
agreste
caratterizzati dalla presenza femminile, come La raccolta dei
bozzoli
(1882-1883), Dopo il temporale (1883-1884), L’ultima
fatica del giorno
(1884) sia nella versione a olio che in quella a pastello
che nell’ultima del 1891 a carboncino, Vacca bagnata (1890), mai esposto
in Italia, Ritorno all’ovile (1888), Allo sciogliersi delle nevi
(1891), Riposo all’ombra (1892), La raccolta delle patate (1886),
La raccolta delle zucche (1884 circa), sino al primo paesaggio
monumentale Alla stanga (1886). All’interno di questa sezione troviamo
una sottosezione Il disegno dal dipinto, a testimonianza del
continuo rifacimento di Segantini dei propri lavori, che venivano modificati per
arrivare a soluzioni diverse: sono qui esposti mirabili disegni tratti dal
dipinto già realizzato, opere compiute e di altissima qualità stilistica.

Segantini si riallaccia alla tradizione
della pittura contadina derivata da Millet e dai pittori francesi della metà
dell’Ottocento, la supera e arriva poi al simbolismo di una natura incentrata
sul paesaggio, dove il contadino è incidentale nella natura. Raffigura inoltre
la religiosità degli umili, cui da voce in opere fondamentali
presenti nella V sezione Natura e simbolo come
Effetto di luna (1882), il celeberrimo Ave Maria a
trasbordo (
II versione 1886) presentato con i vari disegni precedenti e
successivi alla tela, Ritorno dal bosco (1890), opere “dove Segantini già
tocca, in embrione – afferma Quinsac – le tematiche chiave cardine del suo
simbolismo: solitudine al cospetto della natura, armonia tra natura e destino,
calore e tenerezza delle greggi, implicito parallelo tra maternità umana e
animale”. Anche in questa sezione sono presenti importanti disegni tratti da
dipinti
come La raccolta del fieno (1889-1890), All’arcolaio
(1892), Ave Maria sui monti (1890).

Con il trasferimento in Svizzera nel 1886, Segantini approda
al suo personale divisionismo, spezzando la materia in lunghi filamenti di
colore. Protagoniste saranno le Alpi, prese sempre di scorcio. Oltre  alle
 donne  compaiono gli uomini, anche se dopo il 1890  la natura  dominerà  sempre
di più la scena in composizioni molto vaste dove la presenza umana sarà solo
simbolica. Ai capolavori indiscussi del periodo di Savognino, Mezzogiorno
sulle alpi
(1891), Ritorno dal bosco (1890), fanno seguito le
monumentali opere in formato orizzontale
, in un divisionismo atto a
rendere la luce rarefatta delle Alpi
, in cui il paesaggio è maggiormente
protagonista e assurge a simbolo come L’ora mesta (1892), Donna alla
fonte
(1893), Primavera sulle Alpi (1897).

La VI sezione Fonti letterarie e
illustrazioni
mostra l’evoluzione del modus operandi di Segantini
attraverso importanti disegni ispirati a opere letterarie e religiose, la Bibbia
e Così parlò Zarathustra di Nietzsche.

Nella VII sezione, dedicata al Trittico
dell’Engadina
, viene ricostruita attraverso disegni, studi preparatori e
filmati la genesi di questa monumentale opera concepita tra il 1896 e il 1899 e
considerata il testamento spirituale dell’artista.

Nella sezione conclusiva La maternità
sono presenti altri capolavori come lo splendido olio Le due madri
(1889) della GAM di Milano, considerato manifesto del divisionismo italiano alla
prima Triennale di Brera che vide la nascita ufficiale del movimento, e le
opere simboliste
in cui l’uso dell’oro e argento in polvere si abbina a una
tecnica mista di derivazione divisionista, come le due versioni de L’Angelo
della Vita
(1894), quella della GAM e quella di Budapest, riprese anche in
due disegni, e L’amore alla fonte della Vita (1896). A ulteriore
approfondimento, i visitatori saranno qui accompagnati anche da un breve filmato
che li aiuterà a comprendere nella sua totalità la riflessione segantiniana sul
tema della maternità che, anche per via della sua vicenda familiare, si era
trasformato per lui in un’ossessione e nel quale il suo simbolismo raggiunge gli
esiti più alti.

Per tutte le
informazioni:

wwwmostrasegantini.it
www.comune.milano.it/palazzoreale