Intervista ad Antonio Pappano – ACCADEMIA NAZIONALE DI SANTA CECILIA

Maestro, l’Accademia rende omaggio a Benjamin Britten
nel centenario della nascita con Peter Grimes, l’opera
che lo ha reso improvvisamente celebre. Per lei che cosa
è il Peter Grimes?
Innanzitutto c’è il mare, il mare come simbolo di tantissime
cose: è metafora di libertà ma anche di conflitto e
di tormento, può rappresentare il flusso di coscienza; le
onde, con il loro andamento altalenante, simboleggiano
invece l’alternarsi dei casi della vita con i suoi alti e
bassi, il vortice rappresenta pericolo, minaccia. Grazie
al suo genio, Britten è stato capace, nella scrittura
vocale e orchestrale, di farci sentire sempre questo
mare intorno, “dentro”, che fa da cornice al tutto, ma è
anche un elemento vivo, palpitante, prende parte attiva
all’azione contro il protagonista. è veramente incredibile!
L’opera parla della cattiveria umana, del mobbing:
la persecuzione contro una persona, la sua emarginazione.
Lo fa in modo trascinante, travolgente. Il protagonista
è un personaggio del nostro tempo, egli è stato
danneggiato psicologicamente e ha bisogno di spazio
e di comprensione, ma anche quando sembra ottenerle,
ciò non risolve la sua condizione. Naturalmente eseguiamo
l’opera in forma di concerto, ma il potere della
musica arriverà sicuramente al pubblico.
Il Peter Grimes è un’opera complessa e ambigua e Britten
sembra aver voluto lasciare in sospeso il giudizio sul
suo protagonista. Come scioglie l’enigma?
Io credo che le verità siano tante, la partitura è molto precisa
e Britten diceva sempre che basta solo seguire le
sue indicazioni. In realtà nella sua musica c’è sempre un
livello che sta sotto la superficie, che rivela, forse, la più
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grande verità. Bisogna entrare in questo stato d’animo
per ascoltare veramente bene Britten, e non accontentarsi
del primo impatto con la sua musica, ma capire qual
è l’atmosfera generale che si crea. C’è tutto un aspetto
sotterraneo che secondo me è molto interessante, quello
che approfondisce l’introspezione psicologica.
Quali sono le caratteristiche della scrittura vocale, in
quest’opera così corale, con tantissimi personaggi?
La scrittura sia per le parti maschili sia femminili è veramente
straordinaria, come incredibili sono la prontezza
e la precisione della parola. C’è un quartetto quasi
straussiano per quattro donne nel secondo atto davvero
spettacolare. Però tutte le volte che ho diretto l’opera
mi sono reso conto che il vero protagonista è il Coro. La
scrittura corale è complessa: include una vastissima
gamma dinamica, espressiva, formale, c’è una grande
attenzione alla scansione delle parole, alla loro comprensibilità,
ma ci sono anche fughe, imitazioni, molto
ritmo; in alcuni punti c’è un commento molto secco, in
altri sussurrato oppure fortissimo (ffff). C’è una enorme
varietà di espressioni, davvero impressionante!
Tornando alla dimensione psicologica, Grimes è più vittima
o più carnefice?
è un uomo non veramente conscio della sua potenza,
incapace di controllare la sua violenza. è stato rovinato
da bambino quindi non è capace d’amore, non sa vivere
l’amore e non sa recepire la comprensione della
gente, le sue reazioni sono sempre l’opposto di quel
che ci si aspetta.
Nella storia dell’interpretazione di quest’opera ci sono due
interpreti di riferimento: il primo è Peter Pears, per il quale
e con il quale quest’opera è stata scritta, che interpretava
il ruolo ammorbidendo le spigolosità del personaggio, il
secondo è il tenore canadese Jon Vickers che esasperò
gli aspetti brutali e rozzi di Grimes, che sorprese lo stesso
Britten rivelandogli qualcosa di inaspettato nella sua partitura.
Che Peter Grimes sarà Gregory Kunde?
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Gregory Kunde è al suo debutto in questo ruolo: ha
una grande storia vocale, la sua carriera l’ha fatta con
la musica di Rossini, oggi sta cantando Otello, Enée in
Les Troyens di Berlioz, e adesso Peter Grimes, è tutto
da scoprire. Anche io sono molto curioso di quale sarà
il risultato.
Nella letteratura critica sul Grimes è ricorrente il tema
dell’isolamento del diverso rispetto alla comunità, con
particolare riferimento alla repressione cui erano sottoposti
gli omosessuali considerati fuori legge in Inghilterra
fino al 1967. Lei vede questo intento di denuncia sociale?
Per me non c’è niente di specifico; è tipico di Britten
rimanere ambiguo, non esporsi troppo. Naturalmente
per la sua vita privata l’omosessualità è stato un problema
enorme: ne ha molto sofferto. Ma questo conflitto
con il mondo è stato in un certo senso anche la chiave
del suo talento.
Nell’anno britteniano lei ha diretto altre opere del compositore
inglese?
Quest’anno dirigo solo il Peter Grimes. Naturalmente
con Santa Cecilia abbiamo eseguito il War Requiem
che abbiamo appena finito di registrare per la Emi. è
stato accolto con grande calore al Festival di Salisburgo
quest’estate.

a cura di Emanuela Floridia